La mia Poetica

La mia ricerca artistica nasce da un bisogno intimo, direi quasi spirituale, di rapportarmi alla Natura come specchio di un universo che è allo stesso tempo umano, vegetale e minerale. Alla base del lavoro c’è l’urgenza e la curiosità di svelare quelle leggi che sottendono la vita e che sfuggono allo sguardo fisico.
Rendere visibile l’invisibile è il filo conduttore di molti miei lavori. Mostrare le energie che scaturiscono dalle venature di una foglia, significa per me indagare le possibilità spaziali di quella forma nello spazio circostante. Svelare i pigmenti naturali contenuti nei petali dei fiori, è come svelare l’anima di un essere vegetale che sceglie di mostrarsi ai nostri occhi con colori diversi da quelli effettivamente contenuti nella sua linfa e nei succhi vitali.

Alla base della mia poetica è lo svelamento come chiave di comprensione e di connessione tra i diversi regni della natura. La mia conoscenza botanica non nasce sui libri, ma dall’osservazione sistematica e paziente del mondo vegetale. E’ grazie a questa conoscenza empirica e fenomenologica che ho potuto comprendere quanto le leggi che governano il mondo della natura non siano poi così differenti da quelle che regolano il nostro mondo, e quanto una foglia possa essere accomunata all’essere umano nel “carattere”, nello sviluppo delle energie, nelle reazioni ad agenti esterni...
Attraverso l’osservazione a posteriori del mio lavoro mi sono resa conto di quanto autobiografico esso sia, e di come ogni foglia ritratta nella sua interezza o in una sua specifica dinamica, altro non sia che uno specchio di qualcosa che esiste anche dentro di me.

Ciò che intendo indagare attraverso questo dialogo intimo e identificativo con la natura, che è alla base della mia poetica, è la natura come riferimento concreto, e non simbolico, da interrogare, interpretare, elaborare, usare come materia viva, riportare alle origini della nostra esistenza e, contemporaneamente, da ri-creare, ri-definire e re-inventare.

L’equilibrio tra uomo e natura è condizione necessaria per la sopravvivenza di entrambe le specie, e nel mutevole rapporto che oggi si instaura tra ecologia, tematiche ambientali e natura stessa, una possibile via d’uscita credo possa essere trovata solo nell’ascolto di quella sapienza che il mondo vegetale può ancora tramettere a quello umano, e non viceversa.
E’ una sorta di ritorno alle origini, di purezza della materia, di grado zero dell’esistenza basato sull’essenzialità della legge della vita, che in natura esiste in uno stato di purezza che il regno umano ha dimenticato. Non penso a un ritorno all’Arcadia o al mito del buon selvaggio… nessuna visione idealizzata di un mondo perduto, penso piuttosto a una dimensione di consapevolezza, responsabilità e umiltà che l’uomo deve assumere per uscire dalla manipolazione, dalla strumentalizzazione e dall’intellettualizzazione, per recuperare la propria memoria di essere vivente integrato con le leggi di equilibrio ed equanimità della Natura.